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La Neurologa al Centro D

Dott.ssa Rita Farris

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VISITA 90€

IL PIU’ INTIMO

Dott.ssa Rita Farris

Specialista in neurologia

Curriculum e bio

Laurea in Medicina e Chirurgia conseguita con lode, specializzata in Neurologia con votazione di 50/50 e lode presso l’Università degli Studi di Cagliari. Esperienza clinica nell’ambito delle malattie neurologiche, in particolare nei disturbi del movimento. Dal 2013 è affiliata presso il Centro Parkinson e Disordini del Movimento del P.O. di Monserrato. È membro dell’Accademia Limpe-Dismov.

Tariffe

Visita specialistica

90 euro

Visita a domicilio

da 120 euro

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Orari

Lunedì Cagliari
Viale Marconi 62 dalle 16.30 alle 20.30

Martedì Cagliari
Viale Marconi 62 dalle 15.30 alle 20.30

Mercoledì Cagliari
Viale Marconi 62 dalle 09.00 alle 13.00

Venerdì Cagliari
Viale Marconi 62 dalle 09.00 alle 13.00 e dalle 17.00 alle 20.00

Recensioni pazienti

(Fonte: miodottore.it)

Ho trovato la dottoressa Farris molto preparata, e soprattutto molto disponibile nello spiegare cosa mi era successo, non sempre i medici sono cosi espliciti con i pazienti.

antoninagallisai

Bravissima e molto professionale ti fa sentire subito ah tuo agio spiega benissimo la diagnosi complimenti

tiffany130914

Il primo impatto con lo studio è stato positivo, luminoso, pulito e accogliente. La dottoressa è stata molto gentile, scrupolosa e disponibile. La visita, nell’orario stabilito, è durata circa 45 minuti. Prenoterò sicuramente le prossime visite con la dott.ssa Farris.

Alessandra

Una visita accurata, un’intervista chiara in merito al problema, un’ indagine condotta con cura e professionalità ma soprattutto tanta gentilezza. Grazie. Liliana

Lilli

CEFALEE
La cefalea è una tra le più frequenti patologie del sistema nervoso. I tipi più frequenti sono la cefalea di tipo tensivo, l’emicrania e la cefalea a grappolo. Il mal di testa (o cefalea, in termini medici) è una delle patologie più frequenti del genere umano ma nonostante ciò è spesso misconosciuta dal paziente, mal diagnosticata dal medico e, conseguentemente, non debitamente curata.
Purtroppo, nonostante la relativa semplicità della diagnosi, capita spesso di incontrare pazienti che abbiano svolto per proprio conto vari esami (ad esempio risonanza magnetica nucleare, tomografia computerizzata, elettroencefalogramma, radiografie del cranio) il più delle volte inutili e costosi, alla ricerca di una causa della propria cefalea che, in quanto primaria, non ha per definizione alcuna causa dimostrabile con le metodiche attualmente a disposizione.
La diagnosi esatta del tipo di cefalea di cui soffre un soggetto è un essenziale per poter instaurare una terapia corretta. Pochi sanno che la diagnosi è puramente clinica. In altri termini, dopo che il paziente sia stato sottoposto ad un esame medico di tipo generale, solo il colloquio attento ed approfondito dell’esame neurologico consentirà di ricostruire le caratteristiche specifiche di un certo tipo di cefalea.

 

RISCHI
L’emicrania è spesso monolaterale (interessa solo una metà del capo), coinvolgendo inizialmente la regione frontale sopra l’occhio, poi anche la fronte e la tempia. Si manifesta con attacchi ricorrenti che possono durare alcune ore o, nei casi più gravi, qualche giorno. Il dolore è intenso e di tipo pulsante, simile ad un martellamento che sembra far scoppiare la testa. Occasionalmente, l’attacco può essere preceduto e accompagnato da una serie di sintomi reversibili di tipo neurologico, che costituiscono la cosiddetta “aura”: abbagliamenti, flash scintillanti di forma geometrica (scotomi), oscuramento o annebbiamento del campo visivo e, in alcuni casi, difficoltà a esprimersi, formicolio e intorpidimento di un’estremità.

La cefalea tensiva si presenta con un dolore persistente, ma generalmente lieve e bilaterale (interessa sia il lato destro, sia quello sinistro). Si manifesta con un senso costrittivo localizzato nella regione occipitale o frontale. In alcuni casi, invece, il sintomo è diffuso a tutto il capo, dando origine al cosiddetto “cerchio” alla testa. Gli attacchi spesso iniziano in tarda mattinata o nel primo pomeriggio. La cefalea tensiva non pregiudica le normali attività quotidiane. Talvolta, il dolore è accompagnato da capogiri, rigidità della nuca e manifestazioni ansiose; è invece raramente associato a nausea, vomito, fastidio alla luce o al rumore.

La cefalea a grappolo si presenta con attacchi unilaterali, molto dolorosi e ravvicinati (si verificano a intervalli di tempo piuttosto brevi). Il dolore, in questo caso, è di tipo trafittivo e lancinante, localizzato intorno all’occhio e allo zigomo, con possibile irradiazione a tempia, mandibola, naso o mento. In alcuni casi, tutto il lato del cranio viene colpito dal dolore. Tali episodi sono associati ad altri sintomi ben definiti: abbassamento della palpebra, lacrimazione, irritazione della congiuntiva e rossore al viso. Inoltre, può esservi associato uno stato di agitazione. A differenza dell’emicrania, non si accompagna quasi mai a nausea o vomito e, in particolare, non si associa mai all’aura.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
L’accurata anamnesi eseguita nell’ambito della visita neurologica che deve essere orientata a identificare con precisione l’andamento temporale della cefalea, la presenza di eventuali deficit neurologici di accompagnamento, l’unilateralità o meno del dolore, l’intervento di meccanismi di scatenamento peculiari e un esame obiettivo ben fatto, possono essere, nella maggior parte dei casi, sufficienti a dirimere i dubbi circa la presenza di lesioni di natura organica.
Le pazienti vengono visitate con l’obiettivo di individuare i fattori che scatenano o che aggravano gli attacchi, consigliando l’adozione di alcune misure precauzionali, come il mantenere una corretta igiene di vita o evitare certi specifici comportamenti, e identificando l’idonea terapia sintomatica o di profilassi se necessario e, non sempre, necessariamente farmacologica.
Per quanto riguarda la terapia sintomatica del mal di testa, è importante intervenire con rapidità all’insorgenza del dolore. La scelta dei farmaci è poi legata ad altri fattori quali la tollerabilità ed eventuali patologie concomitanti.
l consiglio più importante che la Dott.ssa Farris desidera dare ai pazienti cefalalgici è di cercare di non adottare misure terapeutiche del “fai da te”.

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ALGIE FACCIALI
Dolore localizzato al volto. Se ne distinguono due tipi principali.
Algia vascolare facciale: dovuta a un’anomalia del funzionamento dei vasi, si manifesta con un dolore intenso che interessa la metà del viso, localizzato in genere dietro l’occhio. È accompagnata da rossore cutaneo, lacrimazione e gocciolamento nasale del lato colpito. Evolve in crisi che possono durare da 30 minuti ad alcune ore, per un periodo compreso tra 15 giorni e più mesi.
Nevralgia del trigemino: dovuta talvolta a una malattia neurologica (sclerosi a placche), ma più spesso non ha una causa nota. Si manifesta con un dolore particolarmente intenso, della durata di 1 o 2 minuti, localizzato su un lato del viso. Le crisi durano da qualche giorno ad alcune settimane.

 

RISCHI
Il dolore facciale è una sensazione dolorosa che si sviluppa nell’ambito del volto, compresi bocca, naso, orecchie e occhi.
Le patologie che possono essere alla base di un dolore facciale sono: artrite, artrosi, ascessi, attacco cardiaco, bruxismo, carie, cefalea, infiammazione del nervo trigemino, otite, parotite, parodontite, poliposi nasale, sinusite, tumore delle ghiandole salivari.
Il dolore della nevralgia del trigemino, in fase di attacco può essere di intensità estrema, alcuni pazienti lo descrivono come un dolore tale da indurre quasi al suicidio. La conseguenza più importante è il peggioramento della qualità della vita (familiare, sociale, professionale) durante i periodi di crisi.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
La diagnosi, generalmente, si basa sull’analisi della storia clinica del paziente e dei sintomi riferiti, ed oltre ad un esame obiettivo prevede anche un approfondito esame neurologico.
Il primo approccio diagnostico si basa sulla raccolta delle informazioni relative ai sintomi riferiti dal paziente, in particolare sulla descrizione delle caratteristiche e della posizione del dolore. L’esame obiettivo consente di valutare in quali aree si manifesta la crisi dolorosa: testa, bocca, denti, articolazione temporo-mandibolare ecc. L’esame neurologico, per la nevralgia del trigemino,  consente di definire esattamente quali diramazioni del nervo trigemino sono coinvolte. Prima di confermare la diagnosi di nevralgia del trigemino, ulteriori indagini consentono di escludere altre patologie che possono causare dolore facciale.

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EPILESSIA
E’ una sindrome caratterizzata dalla ripetizione di crisi epilettiche dovute all’iperattività di alcune cellule nervose cerebrali (i cosiddetti “neuroni”).
L’epilessia è causata dall’abnorme alterazione dell’attività elettrica di alcuni neuroni, generalmente localizzati a livello della corteccia cerebrale (lo “strato più esterno” dell’encefalo).
Si definiscono “foci epilettogeni” i punti in cui originano gli attacchi epilettici; in tale sede si concentra la popolazione neuronale con attività anomala. Questi foci possono rimanere silenti per periodi prolungati dal momento che i neuroni sani che li circondano tendono ad inibirne o neutralizzarne le scariche elettriche anomale. Quando l’attività di questi neuroni viene sopraffatta e la cosiddetta “soglia di convulsività” superata, insorgono i sintomi tipici della malattia.

 

RISCHI
Nella maggioranza dei casi l’epilessia è causata da una sofferenza organica del cervello, ad eccezione di una discreta percentuale di casi idiopatici, di cui peraltro ancora si discute, che può guarire spontaneamente durante l’età dello sviluppo (quando l’epilessia è di tipo semplice).
Si definisce stato di male epilettico il succedersi di manifestazioni epilettiche in modo frequente e duraturo (vari episodi si possono notare anche nell’arco di alcune ore). In questo caso ci troviamo di fronte ad una vera e propria emergenza medica che va trattata il prima possibile, onde evitare la morte del soggetto per insufficienza respiratoria.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
Inibendo i segnali elettrici neuronali, e con essi l’attività eccitatoria dei foci epilettogeni, i medicinali consentono un netto miglioramento delle manifestazioni epilettiche e permettono al paziente di condurre una vita normale. La terapia dev’essere tuttavia personalizzata e protratta per lunghi periodi di tempo, spesso per tutta la vita.
Esistono poi effetti collaterali specifici per ogni medicinale. Particolare attenzione durante la gravidanza.

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PARKINSON E ALTRI DISORDINI DEL MOVIMENTO
Possono svilupparsi diversi tipi di disturbi del movimento, a seconda della natura e della sede del danno o del malfunzionamento come:
danni alle parti del cervello che controllano il movimento volontario (intenzionale) o alle connessioni fra il cervello e il midollo spinale: debolezza o paralisi dei muscoli implicati nei movimenti volontari e riflessi esagerati
danno ai gangli basali (gruppi di cellule nervose situate alla base del cervello, in profondità all’interno dell’encefalo): movimenti involontari (non intenzionali) o diminuiti, ma non debolezza o cambiamento nei riflessi; danno al cervelletto: perdita di coordinazione.
I gangli basali aiutano a rendere fluidi i movimenti. Il cervelletto coordina i movimenti del corpo, aiuta gli arti a muoversi in modo coordinato e preciso e aiuta a mantenere l’equilibrio.
Alcuni disturbi del movimento, come il singhiozzo, sono temporanei e causano solitamente poco disagio. Altri, come la malattia di Parkinson, sono gravi e progressivi, agiscono sulla capacità di parlare, di usare le mani, di camminare e di mantenere l’equilibrio in posizione eretta.

 

RISCHI
La malattia di Parkinson è un disturbo motorio degenerativo e progressivo, causato dalla morte dei neuroni dopaminergici con conseguente deprivazione della dopamina, il neurotrasmettitore che consente il controllo dei movimenti.
La progressione della malattia e la possibilità che comprometta anche altre funzioni oltre al movimento impattano negativamente sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro caregiver.

Nonostante la malattia coinvolga principalmente le funzioni che controllano la mobilità, spesso compromette anche le funzioni emozionali e psichiatriche. Da qui la frequente compresenza di problematiche quali depressione e demenza. Con la progressione della malattia, i sintomi motori aumentano di gravità, si manifestano problemi di equilibrio, coordinazione, fluttuazioni motorie (discinesie e/o blocchi motori) e compromissioni non motorie.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
La Dott.ssa Farris ha il compito di decidere sulla base del singolo caso a quali accertamenti sottoporre il paziente. Per una corretta diagnosi è necessario anche escludere altre malattie che, in fase iniziale, possono manifestarsi con segni e sintomi molto simili a quelli della malattia di Parkinson. Non esiste una cura per la malattia di Parkinson, ma il trattamento farmacologico, la chirurgia e la gestione multidisciplinare sono in grado di fornire sollievo ai sintomi. Lo scopo della terapia farmacologica è quello di sostituire il deficit di dopamina a livello dello striato, mimando la stimolazione fisiologica.

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DEMENZE
Le demenze sono malattie neurodegenerative dell’encefalo, che insorgono solitamente in età avanzata (ma ci sono delle eccezioni) determinando un progressivo declino delle facoltà cognitive di una persona.
Esistono numerosi tipi di demenza: le quattro più comuni sono il morbo di Alzheimer, la demenza vascolare, la demenza con corpi di Lewy e la demenza frontotemporale.
Le cause della demenza non sono ancora state chiarite del tutto. Al momento, l’unica certezza è che, a provocarne l’insorgenza, sono la morte delle cellule nervose cerebrali e/o il loro cattivo funzionamento a livello di comunicazione intercellulare.

 

RISCHI
L’unico dato certo, relativo ai fattori scatenanti, è che qualsiasi tipo di demenza è il risultato di due eventi: la morte delle cellule nervose cerebrali e/o un loro malfunzionamento a livello di comunicazione intercellulare (cioè tra cellula e cellula).
Il quadro sintomatologico manifestato da un demente può comprendere un numero elevato di disturbi cognitivi. molte demenze hanno un andamento progressivo: cominciano con una lieve sintomatologia e, nel giro di un tempo più o meno lungo, portano a un marcato deterioramento delle capacità cognitive.
La morte per demenza sopraggiunge molto spesso per una complicazione legata alla demenza stessa. Per esempio, agli stadi finali, il morbo di Alzheimer determina delle gravi difficoltà di deglutizione, che a loro volta conducono allo sviluppo di ricorrenti polmoniti da inalazione e a gravi problemi di nutrizione.
La demenza vascolare o quella frontotemporale, invece, agiscono differentemente da paziente a paziente: ci sono casi in cui la neurodegenerazione procede molto lentamente e casi in cui il deterioramento delle cellule nervose è molto rapido.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
L’esame neurologico consiste in un’analisi dei riflessi tendinei, delle abilità motorie (equilibrio ecc) e delle funzioni sensoriali.
Più la diagnosi è precoce, e meglio è, così che le persone affette e i loro famigliari possano prepararsi al futuro e organizzare il sostegno necessario. È molto importante riconoscere prontamente e prender sul serio i primi sintomi di Alzheimer o di un’altra forma di demenza e di iniziare prima possibile con i rispettivi trattamenti e terapie necessari.

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SLA – SCLEROSI LATERALE AMIOTROFICA
La sclerosi laterale amiotrofica, nota anche come SLA, morbo di Gehrig o malattia dei motoneuroni, è una malattia degenerativa del sistema nervoso centrale. Colpisce alcune particolari cellule nervose, i motoneuroni, che garantiscono funzioni diverse, come:
– Respirare
– Camminare
– Deglutire
– Parlare
– Impugnare gli oggetti
Ne deriva una progressiva perdita di controllo delle più importanti attività muscolari.

I motoneuroni, o neuroni motori, sono cellule che hanno origine nel sistema nervoso centrale (encefalo e midollo spinale); servono a condurre i segnali nervosi che controllano direttamente o indirettamente i muscoli e il movimento dei muscoli.

 

RISCHI
I sintomi e i segni della SLA compaiono e si diffondono in modo graduale su tutto il corpo, peggiorando nel corso del tempo. La loro massima manifestazione si ha dopo diverse settimane, se non mesi.
All’inizio, sono interessati i piedi, le mani e gli arti (superiori e inferiori); poi, i disturbi si estendono ai muscoli, che si indeboliscono, alla capacità di deglutizione, alle funzioni respiratorie e al linguaggio.
La morte per SLA sopraggiunge, molto spesso, a causa di un’insufficienza respiratoria grave, dopo circa 3-5 anni dall’esordio della malattia.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
I malati di SLA, col trascorrere del tempo, diventano sempre meno indipendenti e sempre più bisognosi di supporti per la respirazione, per l’alimentazione, per spostarsi da un luogo all’altro, per comunicare ecc. La Dott.ssa Farris infatti esegue visite anche a domicilio.
Nel corso degli ultimi anni, la tecnologia, medica e non solo, ha permesso di allungare la vita dei pazienti con sclerosi laterale amiotrofica e di migliorarne la qualità.
La qualità della vita è, come si è visto, fortemente condizionata dai sintomi della malattia; i benefici che si ottengono con le poche cure disponibili sono limitati e dipendono, in buona parte, dalla vicinanza dei familiari e degli amici.

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MIASTENIA GRAVIS E SINDROMI MIASTENIFORMI
Caratteristica comune alla miastenia e alle varie sindromi miasteniformi è l’ipostenia muscolare e la faticabilità allo sforzo. Grazie a varie ricerche, oggi è possibile distinguere: da una parte la miastenia gravis, una malattia autoimmune, la cui evoluzione si è modificata grazie ai moderni presidi terapeutici, eterogenea per quanto riguarda l’età d’esordio, le anomalie timiche, la localizzazione degli interessamenti muscolari, e dall’altra parte, le sindromi miasteniformi,molto più rare, che sono un insieme di patologie molto differenti tra di loro, causate da disturbi della trasmissione, tra nervo e muscolo, dello stimolo alla contrazione muscolare.
La frequenza della miastenia gravis è di 1 caso su 5000 individui, è classificata fra le malattie rare ma, secondo alcuni esperti, i casi reali sarebbero più numerosi di quelli individuati. Possono essere colpiti soggetti di tutti e due i sessi, di tutte le età e di qualsiasi razza, ma sono affetti da miastenia grave con frequenza maggiore i soggetti di sesso femminile di età compresa tra i 20 e i 30 anni e gli uomini adulti di età compresa tra i 50 e 60 anni.

 

RISCHI
L’andamento della miastenia gravis è molto variabile nel tempo e potenzialmente può interessare tutta la muscolatura del corpo. Tuttavia, in molti casi, la malattia NON progredisce fino al suo stadio terminale. Ad esempio, alcuni pazienti avvertono soltanto problemi agli occhi. Dalla comparsa della malattia, si alternano periodi di accentuazione dei sintomi a remissioni. La miastenia gravis può occasionalmente risolversi in maniera spontanea, ma nella maggior parte dei casi è una condizione che persiste per tutta la vita. Con i trattamenti moderni, tuttavia, i sintomi possono essere ben controllati.
Patologie della tiroide, diabete, artrite reumatoide, lupus eritematoso sistemico, sclerosi multipla, sono le malattie a cui si associa la miastenia gravis.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
La diagnosi di miastenia gravis può essere complessa, in quanto i sintomi possono essere difficili da distinguere rispetto ad altri disturbi neurologici. Un approfondito esame fisico può rivelare una facile affaticabilità, con miglioramento della debolezza dopo il riposo e peggioramento alla ripetizione del test di sforzo.
Non esiste una cura specifica ma una serie di trattamenti consentono di gestire efficacemente i sintomi.
La prognosi di miastenia gravis è notevolmente migliorata con l’introduzione della terapia immunosoppressiva. La disponibilità di questi e altri trattamenti ha notevolmente ridotto la mortalità, permettendo ai pazienti condizioni di vita quasi normali. Tuttavia, le persone affette da miastenia gravis spesso devono seguire il regime terapeutico per un periodo indeterminato, in quanto i sintomi generalmente tendono a ripresentarsi alla sospensione del trattamento.

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ICTUS CEREBRI
Ictus cerebrale: è l’improvvisa interruzione di apporto sanguigno ad una zona di cervello, con conseguente ischemia e necrosi cellulare ( infarto cerebrale).
Solitamente, l’ictus è dovuto a stenosi arteriosclerotica o a stenosi ipertensiva, trombosi o embolia.
Dal punto di vista della sintomatologia l’ictus è caratterizzato dall’insorgenza improvvisa di deficit neurologico monolaterale (in assenza totale di dolore) , a livello dei muscoli facciali, del braccio ed infine dell’arto inferiore; possono essere presenti afasia, disartria, diplopia, emianopsia, disturbi di coscienza e confusione.
L’ictus cerebri può essere in fase evolutiva (evolving stroke) con i sintomi neurologici che peggiorano in 24-48 ore, o completo con deficit neurologici che indicano una lesione stabile.

 

RISCHI
Nel riconoscere la sintomatologia dell’ictus in modo da intervenire tempestivamente è molto importante anche tenere presente i fattori di rischio legati al sesso, all’età, alla razza, ecc. Il rischio di ictus infatti, dopo i 55 anni, raddoppia ogni dieci anni, è maggiore negli uomini e in coloro che hanno precedenti familiari di disturbi della coagulazione ereditari, malattie genetiche come la Cadasil, la sindrome di Marfan, la neurofibromatosi e la malattia di Fabry.
I sintomi più comuni dell’ictus sono un deficit di forza in genere a faccia, braccio e gamba di un lato del corpo con intorpidimento o formicolio, sempre di una metà del corpo. Molto comune è anche la difficoltà sia di parlare che di comprendere le parole, la perdita della vista in una metà del campo visivo, disturbi dell’equilibrio e della deglutizione, un mal di testa violento, diverso dal solito, e anche la difficoltà di riconoscere il proprio corpo come paralizzato a metà. Naturalmente i sintomi sono legati alla sede e all’estensione della lesione cerebrale, ma è importante saperli riconoscere.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
Non è difficile riconoscere un ictus, in quanto i segni sono inconfondibili. Tuttavia, approfondire la diagnosi raccogliendo informazioni sulle sue caratteristiche aiuta a pianificare la cura più appropriata e a prevenire possibili future ricadute.
L’ictus rappresenta un’emergenza medica e, come tale, va trattata tempestivamente anche a partire dalla diagnosi. Pertanto, servono rapidità e precisione.
La scelta della terapia più appropriata dopo un episodio di ictus dipende, prima di tutto, dal tipo di ictus stesso (ischemico o emorragico) e, in secondo luogo, dall’area cerebrale coinvolta e dalla causa scatenante.
Ovviamente, il recupero non è uguale per tutti: pazienti con ictus gravi meritano molte più attenzioni e non è detto che recuperino tutte le loro funzioni motorie o di linguaggio; viceversa, pazienti con ictus meno gravi hanno maggiori probabilità di riprendersi

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NEUROPATIA PERIFERICA
La neuropatia periferica è la condizione morbosa risultante dal danneggiamento e dal malfunzionamento dei nervi del sistema nervoso periferico. La neuropatia periferica ha numerose cause. Tra queste, merita una citazione particolare il diabete mellito, in quanto, nei cosiddetti Paesi del Mondo Occidentale (quindi anche in Italia), è con molta probabilità uno dei fattori scatenanti principali.
I sintomi possono variare da intorpidimento o formicolio, a sensazioni pizzicore (parestesia), o debolezza muscolare.
Le aree del corpo possono diventare eccessivamente sensibili da portata ad una esperienza esageratamente intensa o distorta del tatto (allodinia).

 

RISCHI
Particolarmente interessante è l’aspetto epidemiologico che concerne il binomio diabete-neuropatia periferica. Infatti, in base a quanto riporta il Centro per la Neuropatia Periferica dell’Università di Chicago, circa il 60% dei diabetici sviluppa dei danni più o meno gravi a livello dei nervi periferici.
Se sono coinvolti i nervi sensitivi, si hanno manifestazioni a livello sensoriale (neuropatia sensitiva); se sono coinvolti i nervi motori, si hanno disturbi a livello dei muscoli scheletrici (neuropatia motoria); infine, se sono coinvolti i nervi autonomi, risultano alterate una o più funzioni automatiche (neuropatia autonoma).
In realtà, è bene specificare che, nella maggior parte dei casi, si assiste al coinvolgimento contemporaneo di diverse tipologie di nervi periferici.
Nei casi più estremi, la respirazione può diventare difficile, o può verificarsi insufficienza d’organo.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
Durante la valutazione neurologica, la Dott.ssa Farris analizza i riflessi tendinei e saggia la presenza o meno di disturbi neuromuscolari e coordinativi.
Quando si parla di trattamento della neuropatia periferica, ci si riferisce in genere alle cure per il miglioramento del quadro sintomatologico (terapia sintomatica) e al trattamento delle cause scatenanti.
In presenza di una neuropatia periferica curabile, la prognosi dipende dalla tempestività della diagnosi e delle cure.

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DISTURBI DEL SONNO
Sono un gruppo di patologie che possono alterare le caratteristiche e la ritmicità del normale ciclo di sonno-veglia, compromettendo la solidità e continuità del sonno notturno con possibili ripercussioni sulle attività diurne.
Insonnia: persistente alterazione della durata e della qualità del sonno, con difficoltà nell’addormentamento.
Disturbi respiratori in sonno: anomalie della respirazione durante il sonno. Il più comune sono le apnee ostruttive in sonno (OSAS), cioè episodi ripetuti di ostruzione reversibile, parziale o completa, delle prime vie aeree, provocati da un eccessivo rilassamento dei tessuti molli, che si accompagnano alla riduzione dell’ossigeno nel sangue.
Ipersonnie centrali: caratterizzate da un’eccessiva sonnolenza diurna, senza che il sonno notturno sia compromesso da un altro disturbo. La più nota è la narcolessia.
Disturbi del ritmo circadiano: alterazioni della ritmicità con cui si alternano le fasi di sonno e veglia, per cui la propensione del soggetto ad addormentarsi non corrisponde al periodo “socialmente” riconosciuto come quello riservato per il sonno, cioè le ore notturne.
Parasonnie: si caratterizzano per la comparsa in sonno di comportamenti complessi, emozioni, sogni. Sono scatenate da un risveglio incompleto dal sonno che provoca il manifestarsi di questi fenomeni senza un pieno recupero della consapevolezza, come nel caso del sonnambulismo.
Disturbi del movimento in sonno: sono caratterizzati dalla comparsa di movimenti semplici (a differenza dei comportamenti complessi delle parasonnie) e ripetitivi che disturbano il sonno e il suo inizio. Comune è la sindrome delle gambe senza riposo che si manifesta con una sensazione di frenesia agli arti inferiori a riposo.

 

RISCHI
Alla base di una scarsa qualità del sonno possono esserci fattori che alterano il normale ritmo sonno-veglia. Questi fattori, a volte, sono riconducibili a determinate malattie sistemiche, a disturbi della tiroide, a scompenso cardiaco o a ipertensione arteriosa.
Le principali conseguenze dell’insonnia sono:
– astenia, ossia una stanchezza significativa;
– disturbi dell’attenzione, della concentrazione e della memoria, soprattutto sul lavoro;
– eccessiva sonnolenza diurna;
– disturbo dell’umore;
– ansia e facile irritabilità.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
Le cause dei disturbi del sonno possono essere molteplici e possono essere legate a uno stile di vita poco attento all’alimentazione e all’attività fisica, all’uso di farmaci specifici, ma anche, come detto, dall’esistenza di patologie che incidono sull’equilibrio sonno-veglia.
Possono essere le più disparate: da quelle neurodegenerative come la demenza e la malattia di Parkinson a quelle neuromuscolari, dalla semplice cefalea a patologie di natura respiratoria.

A fronte di disturbi del sonno persistenti che non si risolvono con la rimozione delle possibili cause o con l’igiene del sonno, è possibile fare ricorso a diversi tipi di approcci terapeutici, di tipo psicoterapico, o farmacologico. Alcuni trattamenti psicoterapici hanno dimostrato di essere efficaci , soprattutto la terapia cognitivo-comportamentale, le terapie di rilassamento, e la cosiddetta terapia di controllo dello stimolo.

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SCLEROSI MULTIPLA
Nella sclerosi multipla si assiste ad un attacco del sistema immunitario nei confronti del sistema nervoso centrale.
Si pensa che la malattia abbia una componente genetica, che dipende dalla suscettibilità di ogni singolo individuo, e sia influenzata anche da diversi fenomeni ambientali. Da alcuni ricercatori la malattia viene classificata come una malattia autoimmune, ma altri specialisti non sono d’accordo con questa definizione, dato che il bersaglio specifico della sclerosi multipla non è ancora stato scoperto.
Tra le parti vulnerabili all’attacco da parte del sistema immunitario, vi sono prima di tutto la mielina, la sostanza grassa che circonda e protegge le fibre nervose nel sistema nervoso centrale. In caso di sclerosi multipla, infatti, la mielina risulta danneggiata, come di conseguenza anche le fibre nervose. La mielina forma in seguito tessuto cicatriziale danneggiato (sclerosi), da cui prende il nome la malattia. Quando una parte qualsiasi della guaina mielinica o fibra nervosa, risulta danneggiata o distrutta gli impulsi nervosi che viaggiano da e verso il cervello e il midollo spinale, sono alterati, più lenti o interrotti, e questo causa la varietà di sintomi che possono accompagnare la sclerosi multipla.

 

RISCHI
Tra i sintomi più comuni ricordiamo la stanchezza, che colpisce circa l’80% delle persone. La stanchezza può seriamente interferire con le attività della persona colpita, sia lavorative che domestiche. Si può inoltre accusare intorpidimento del volto, del corpo o delle estremità.
Nel corso dei decenni di progressione della malattia le complicazioni più importanti sono:
perdita della capacità di deambulare
infezioni (per esempio delle vie urinarie e dell’apparato respiratorio)
piaghe da decubito
depressione
Questi sintomi, piuttosto comuni, sono talvolta accompagnati da altri sintomi più lievi e meno frequenti, come ad esempio disturbi nel linguaggio, problemi di udito, tremori e altro ancora.

 

ANDARE DALLA NEUROLOGA
Purtroppo i sintomi con cui si manifesta la malattia possono essere simili a quelle di altre condizioni neurologiche e la diagnosi viene quindi fatta per esclusione, non esistendo ad oggi alcun test specifico.
A seguito della visita con la Dott.ssa Farris (che comprenderà anamnesi ed esame obiettivo) verranno probabilmente prescritti esami del sangue, risonanza magnetica nucleare, potenziali evocati e rachicentesi.

Ad oggi non esiste cura per guarire dalla sclerosi multipla, ma sono a disposizione dei medici numerosi farmaci e trattamenti per rallentare la progressione della malattia e dare sollievo ai sintomi. Una risorsa fondamentale è ad oggi rappresentata dai farmaci più recenti disponibili per la cura della sclerosi multipla, in grado di ridurre la frequenza e la gravità degli attacchi.

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La neurologia

La neurologia è una branca della medicina interna che si occupa dello studio e del trattamento delle patologie inerenti al Sistema Nervoso Centrale, quello Periferico Somatico e Periferico Autonomo. Ma cosa cura il neurologo? Questo specialista cura tutte quelle malattie che hanno a che fare con l’intero sistema nervoso che, attraverso la colonna vertebrale, va letteralmente dalla testa ai piedi! Ecco alcuni esempi: la cefalea; l’epilessia, le malattie cerebrovascolari come l’ictus, le malattie neurodegenerative come la Sclerosi laterale amiotrofica, la Malattia di Alzheimer, la Malattia di Parkinson, la sclerosi multipla, la neuropatia diabetica.

Quando e perché andare dal neurologo?

Il neurologo è il medico amico del nostro cervello, tanto prezioso quanto poco conosciuto.
Quali sono i disturbi che possono avere un’implicazione neurologica? Quando è necessario richiedere quanto prima un consulto neurologico?
La visita neurologica può essere importante quando si soffre di nausea, vertigini e mal di testa, confusione, crisi epilettiche, disturbi della memoria o disturbi del sonno, ma anche quando si ha subito un trauma cranico.
Per sottoporsi a una visita neurologica non è necessaria alcuna preparazione specifica e non vi sono controindicazioni. Durante la visita neurologica il medico si informa sulla storia clinica e familiare del paziente, sul suo stile di vita e sui sintomi dell’eventuale danno neurologico.
A questa prima fase segue un esame obiettivo neurologico (che dura in media 30 minuti), in cui lo specialista valuta lo stato mentale, la stazione eretta e la deambulazione, i nervi cranici, il sistema motorio, la coordinazione dei movimenti, la sensibilità, il senso di equilibrio e di orientamento e i riflessi.
Se dopo la visita il neurologo avrà tutti gli elementi per la diagnosi, potrà indicare uno specifico percorso terapeutico, oppure prescrivere ulteriori esami di screening tra cui l’EEG (Elettroencefalogramma), l’EMG (Elettromiografia), una TAC (Tomografia Computerizzata), la risonanza magnetica del cranio, i PE (Potenziali Evocati), un Ecocolordoppler TSA/TC dei tronchi sovraaortici/transcranico, test neuropsicologici e lo studio del sonno (Polisonnografia).